LA CRONACA

In questo viaggio a Carla Valeriano Annese era stato affidato il compito di raccontarci la storia del nostro tour giorno per giorno.
Il testo che segue ci riporta ai tanti momenti felici che abbiamo trascorso insieme e Carla ci fa rivivere in tanti piccoli episodi il trascorrere del tempo in terra Russa facendo trasparire in due parole ricorrenti "compatti" e "44" la nostra grande forza di gruppo.

Se vuoi leggere un articolo sul viaggio di una nostra giovane, Greta Pirovano clicca qui

44 CAMPER ……IN FILA VERSO “La Granda” R U S S I A

di Carla Valeriano Annese

L’idea nasce al nostro Presidente Beppe Tassone, a Vieste, nel 2001, durante il raduno di fine anno, in seguito ad un incontro col proprietario dell’Agenzia San Pietroburgo.it, Ugo Congedo, che gli prospettava la possibilità di condurre per le strade della Russia un certo numero di camper. La novità stimolante prende corpo e si concretizza l’idea del tour.
Parecchi di noi “44” alla proposta del tour in Russia, hanno in memoria la rapidità della decisione. Quella di mio marito e mia, è stata presa a fine agosto dello scorso anno, sulla spiaggia a Savona, in un momento di riposo, al ritorno da Capo Nord, allorché, incontrato Beppe, ci apostrofò: “ L’anno prossimo le vacanze le faremo in Russia! “.
E così, con già un bel po’ di chilometri alle spalle, eccoci il giovedì 30 di luglio 2003, presenti a Terespol! Peccato il Presidente non possa essere con noi, trattenuto da impegni.
Nel parcheggio prefissato dall’Agenzia (come prefissate saranno le successive soste), sul quale occhieggia il campanile della vicina chiesa, si possono contare: 44 camper; 101 persone; 3 cani e 1 gatto !
Un buon numero di equipaggi è già arrivato il giorno prima. Molte le Regioni rappresentate. Per la cronaca, l’equipaggio di più lontana provenienza giunge da Bari e da Bari proviene Stefano, che viaggia con gli zii di Faenza.
La cittadina polacca di frontiera è accogliente. I negozi forniti. Una particolarità è data dal suo “movimento”, accanto alla stazione, dove si vende di tutto un po’. Si passeggia, si va in bicicletta. La sera poi, per iniziare a conoscerci, nulla è più socializzante che una cena improvvisata, tra i camper, per cominciare a stare “insieme”.
Aleggia nell’aria una certa aria di attesa per l’avventura che si sta per intraprendere. Tutti raccontano di altri viaggi e tutti sono concordi nel sostenere che un viaggio in Russia, è bene compierlo in gruppo organizzato. Esperienza nell’esperienza, sarà naturalmente viaggiare tra i: “44” .
Nel pomeriggio di giovedì avviene il saluto di Piero Marenco, che si accollerà l’onere dell’organizzazione per quanto concerne la gestione del gruppo - nella sua veste di vice presidente del club - e ci eviterà, tramite CB: multe, buche e oggetti vari, sul sedime stradale. Piero consegna ad ogni equipaggio, il cartello col numero da apporre in mostra sul parabrezza del camper. La numerazione salta il 13 ed il 17. Porterà il numero 1 il camper di Piero, che avrà quale ospite fisso a bordo, per tutto il tour, Ugo, il proprietario dell’Agenzia San Pietroburgo.it. L’ultimo numero sarà, pertanto, il 46 il cui camper è di proprietà di Beppe, che ci farà divertire, con una battuta per tutti mentre, serio, ci spedirà fuori dai parcheggi (con la conta di Mariuccia) e poi ci “scoperà” per tutto il viaggio. In effetti nessuno si perderà. Ugo svolgerà in vece nostra, le operazioni doganali e le altre necessarie al gruppo, lungo l’itinerario. Alcune volte fungerà da guida e da interprete.
Si stabiliscono 2 gruppi da 22 camper. I “verdi” e i “gialli”. Il primo, con in testa Piero e Cinzia; il secondo con Roberto e Maura. Per notiziare chi legge, io viaggio tra i “gialli” avendo il n. 24 di equipaggio.
In serata compilazione moduli ad uso dogana. Ugo cerca di spiegarne i farraginosi meccanismi. Tralascio la minuziosità a cui bisogna assoggettarsi. Tant’è, stiamo andando in Russia! Durante la compilazione dei moduli, rammentiamo l’uso del popolo russo, al patronimico, cioé il secondo nome che si appone prima del cognome, a ricordare la paternità. Utilizzato ormai solo in modo formale.

31 luglio, sono quasi le 7, ci si avvia in frontiera. Dista dal parcheggio un paio di chilometri. Durante la lunga attesa, mentre Ugo si attiva per ottenerci i vari ed infiniti timbri, vi è un andirivieni di foglietti da compilare e riconsegnare. Si prestano: Cinzia, Maura, Nevea, Greta, Piero, Roberto, Elio, Pier, Beppe. Chissà se li ho nominati tutti? Gli uomini con Gianfranco, che sarà anche “meccanico ufficiale”, saranno promossi “parcheggiatori”, per tutto il viaggio e le signore rileveranno il consumo dei carburanti e quant’altro. Scopriremo inoltre, fin da quasi subito di avere in Roberto di Empoli, anche un “elettrotecnico ufficiale”, innumerevoli saranno infatti gli interventi che effettuerà in campo elettrico e soprattutto sui dispettosi CB. Osserviamo frattanto che a volte la polizia, fa scaricare i bagagli dalle auto per i controlli, trascurando per lungo tempo di…controllarli. Offriamo alcune bottiglie di vino italiano ai doganieri, per compensarli della mole di lavoro sopraggiunta loro, col nostro arrivo. Prepariamo altresì il the e constato di persona il “ritmo”, entrando in un ufficio con vassoio e dolcini. Il sistema doganale non è ancora computerizzato e lo smaltimento delle procedure è rimesso alla buona volontà del personale addetto.
In 6 h,30’, varcate le dogane: polacca e bielorussa, raggiungiamo il parcheggio dell’Hotel Inturist nella città di Brest: siamo in
BIELORUSSIA
La differenza di fuso orario dalla Polonia (che è identico all’Italia), alla Bielorussia è di + 1ora. Anche qui c’è l’ora legale.
Dopo pranzo, sistemati su due pulman, uno per i “verdi”, l’altro per i “gialli” (e sarà sempre così, sui vari pulman che troveremo in loco), raggiungiamo l’imponente Fortezza di Brest, divisa dalla Polonia da un ponte. Fittissima la rete di gallerie nelle sue viscere. Difesa strenuamente dall’assedio nazista, la Fortezza venne espugnata allorché un ingegnere idraulico tedesco, ideò un sistema di dighe atte ad imbrigliare l’acqua del fiume che, liberata si riversò sulla stessa, sommergendola. 15000 i morti, ricordati da una grande lapide. All’Altare della Patria, le nostre più piccole rappresentanti: Giorgia che proviene da Pinerolo ed Eliana da Napoli, compunte, depongono un mazzolino di fiori, in nome del Club. Ugo, che ci accompagna, ricorda che Brest, totalmente distrutta in tempo di guerra, è stata dichiarata “città eroica” tra le prime, delle 12 che in Bielorussia hanno meritato il titolo.
Al ritorno al “campo”, ad attenderci una graziosa ragazza in costume locale, ci offre il dolce tradizionale del “benvenuto”. Un pane dolce con al centro il sale, nel quale se ne intinge un pezzo, ritualmente spezzato con le mani. Il tutto innaffiato dalla, altrettanto tradizionale, Vodka.
Le prime sere ci si riunisce per essere informati sull’itinerario del giorno successivo, poi la cosa sarà giubilata. Se la vedrà Piero con Ugo e ci riferirà il da farsi per il giorno successivo e noi saremo liberi di occupare il tempo a nostro piacere.

1° agosto, ci vede procedere verso MINSK, tra pinete curate e rinfoltite, betulle, prati con mucche al pascolo, cicogne in volo ed appollaiate. Non molte le case, soprattutto in legno: le izba (le case contadine in legno), discoste dalla strada. Traffico quasi nullo. Vediamo le prime donne che vendono frutta sull’autostrada: piccolissime mele in altrettanti piccoli secchielli. E….sempre sull’autostrada, sulla corsia d’emergenza, viaggiano le pochissime biciclette, che scompariranno man mano andremo verso est.
Il pagamento dell’autostrada è solo “appannaggio” degli automobilisti stranieri e dei camion. Nulla pagano i bielorussi per transitarvi.
Le automobili in Bielorussia sono per la maggior parte, vecchie e malconce, ma non ancora come in Russia. Lo stesso dicasi per i bus ed i camion.
La prima città che incontriamo sul nostro cammino è Baranavicy.
Intorno al duecentesimo chilometro di Bielorussia, Mauro, che viaggia con Milena, ci annuncia che il loro camper ha compiuto i “200.000” chilometri. Il “grigione” (così l’ho battezzato) sarà festeggiato in serata.
Il pranzo ci vede fermi al castello di MIR, posto in mezzo al verde, circondato dagli alberi con ai piedi un laghetto, nel quale alcuni pescatori accumulano il pescato ed i pochissimi bimbi fanno il bagno. Le nuvole col loro andirivieni, completano il panorama da cartolina. Durante le ore muteranno i colori divenendo anche nere, facendoci fuggire dalla corte del castello, per poi divenire nuovamente chiare e brillanti. Il castello di Mir, è una costruzione del XVI° secolo, attualmente in restauro e sulle cui impalcature le donne lavorano, come i loro compagni uomini, di calce e cazzuola Le donne, per inciso, lavorano anche nei cantieri stradali. Il castello é la più antica costruzione della Bielorussia, salvatasi dalle distruzioni della seconda guerra mondiale.
La colonna procede bene, ci siamo affiatati subito. Partiamo e ci incolonniamo per numero con facilità.
Per la statistica: quando siamo fermi, copriamo una lunghezza di circa mezzo chilometro, mentre in marcia la copertura é da 6 a 8 km. Le strade, sinuose e con vari dossi, consentono di vedere spesso il lungo serpentone di camper. Viaggiando col n. 24, ogni tanto ne filmo la testa dal davanti e, mentre il “25” mi fa: ciao-ciao con la manina, ne filmo la coda. I gruppi, ho già riferito, sono due, ma viaggiamo tutti assieme. Le strade lo consentono e lo consentiranno sempre, anche se a mano a mano, il sedime stradale diverrà sempre più…sconnesso, il gruppo non si sfalderà e si manterrà “compatto”. Le istruzioni partono dal CB di Piero n. 1, fa da ponte Roberto n. 22 di Empoli, che le “colora”in toscano, per giungere in conferma a Beppe n. 46, che a sua volta le traduce con “cadenza” piemontese, al n. 45, il cui CB fa il pazzerello. Interviene Gianfranco n. 15, quando le distanze sono maggiori.
Numeri, numeri, ormai abbiamo un nome e per cognome….un numero. Spesso, così ci…. appelleremo.
La sosta notturna è a MINSK, presso il Complesso Olimpico Bielorusso, sulla M 1 che stiamo seguendo.
Oggi abbiamo percorso compresi i 10 di ieri, 375 km.

2 agosto, in mattinata si percorre il tratto che ci separa dalla frontiera russa. Giungiamo per l’ora di pranzo. Ugo ottiene dai doganieri che ci concedano di attraversare sia la frontiera bielorussa, che la russa e sistemarci nell’adiacente parcheggio, in attesa che si svolgano le operazioni doganali. Pranziamo mentre la solita modulistica va e viene portata dai, già nominati, “volenterosi”. Dopo, più o meno 3 ore, che non sono pesate perché occupate dal pranzo, transitiamo in
RUSSIA
Cambia anche qui il fuso orario. Bisogna aggiungere un’altra ora. E sono due da ieri. Che levataccia sarà domani!
Pare immerso nella foresta il camping presso il Motel Phoenix, che dista 2 km. da SMOLENSK, betulle e pini altissimi coprono la vista circostante, è piovuto e gli alberi ancora gocciolano.
Oggi 325 i km. percorsi.
Per la prima volta ci capita di vedere, nei poveri, ma puliti servizi, una stanza con la sauna, che sta a testimoniare le abitudini russe.
Nel campeggio ci sono dei malconci fabbricati abitati da operai, che la mattina successiva, intorno alle 8, alcuni di noi attratti dal vocio, vedono salire su un pulman emettente fumi maleodoranti, tra rumori di ferraglia. Mi si stringe il cuore vedere tanti uomini seduti a terra in attesa. Pioviggina, sono vestiti malamente e loro neppure si riparano. Ho la telecamera in mano, in quanto ero andata per camper a filmare. Istintivamente, per discrezione, la nascondo. Alcuni di loro l’hanno notata e mi invitano a riprenderli. Sono stupita e la punto… mentre loro salutano.

3 agosto, il tratto che ci separa dalla sosta del pranzo presso il distributore Jurij Gagarin, presenta lo stesso panorama del giorno precedente, immerso nel verde col “serpentone” che si ingobbisce sugli infiniti dossi. Spesso siamo solo noi sulla strada e…ci piacciamo!
Al Distributore sostiamo. Qui, il primo astronauta ad aver viaggiato in una navicella spaziale, abitava con la famiglia e conduceva il distributore che è di ragguardevoli dimensioni. L’area è spartana, scevra di ogni e qualsiasi segno di benessere. Come si sa il cosmonauta è deceduto da qualche anno, non sono stata in grado di sapere, per certo, se ci vive ancora la sua famiglia, ma parrebbe di si.
Lungo il lato strada, alcuni banchetti vendono pesce affumicato della zona: salmone, trote ecc., ottimi!!
Ci rimettiamo in movimento, osservando come al solito, le norme del Codice Stradale. La polizia è severa in Russia e v’è n’é a bizzeffe! L’incubo sono le moderne pistole-laser dei poliziotti, misuratrici della velocità, che contrastano con le loro auto…vecchiotte. Due camperisti della colonna, esperimenteranno il temuto raggio, ma saranno…soccorsi, rispettivamente, da Eugenio (l’altro accompagnatore che ci ha seguito nelle trasferte con l’auto) e da Ugo. Spesso lungo i percorsi e ne troveremo sempre, ci sono dei posti di blocco fissi, attraverso i quali occorre transitare a passo d’uomo. Ci stupiamo quindi, quando nei pressi di Mosca, col traffico decisamente intenso, di assistere ad una circolazione caotica di automobili che sbucano da tutti i lati. Striscia continua inosservata; corsia d’emergenza, in terra battuta, utilizzata quale normale corsia di marcia; sorpassi a destra: la prassi. Insomma: tutti… tagliano la strada a… tutti. Fioccano le reciproche raccomandazioni al CB. Speriamo vada bene! E andrà bene. Nessuno avrà mai incidenti.
I veicoli in Russia, sono più trascurati che in Bielorussia. Le marche sono di Case locali ma anche estere. Ci spiegheranno che non vi è manutenzione sugli stessi ed i pezzi di ricambio sono difficili da trovare. Ci diranno anche che poco amano i russi, acquistare auto nuove locali, in quanto spesso sono da revisionare. Preferiscono acquistarle già usate e magari, estere. La patente spesso e volentieri l’acquistano al prezzo di circa 300 dollari. Ecco perché guidano così! Nessuno di noi ha mai visto tante auto ferme come in Russia e teste cacciate dentro il cofano a cercare di capire che cosa fare. Nessuno, credo, abbia mai visto tanti incidenti. L’assicurazione è stata resa obbligatoria solamente dal 1° luglio di quest’anno.
La capitale si avvicina: affrontiamo l’anello anulare, ci sistemiamo in una parte dell’alberato parco dell’Hotel Soyuz, che dista una decina di chilometri dal centro.
Oggi 385 km. percorsi e siamo a
MOSCA
La storia di Mosca risale al 1147, quando il principe Jurij Dolgorukij, fondò sulla riva sinistra della Moscova un piccolo borgo, destinato a divenire la capitale della Moscovia. Nel XV° secolo, divenne principale centro politico, commerciale e culturale di tutta la Russia e con il regno di Ivan il Grande, capitale dell’Impero russo. Per conferire alla città un aspetto davvero imperiale, il sovrano chiamò a Mosca i più grandi architetti russi ed europei che forgiarono una “ nuova Costantinopoli”. Nel corso del secolo successivo, Ivan il Terribile venne incoronato primo zar di tutte le Russie, nella Cattedrale del Cremlino, che fin dalle origini rivestì il proprio carattere politico-religioso. Un vecchio proverbio russo recita: “Esistono solo Dio e il centro del governo: il Cremlino di Mosca”. Nel 1712 su decisione dello zar Pietro il Grande, Mosca perse la funzione di capitale del regno in favore di San Pietroburgo, ma continuò a giocare un ruolo essenziale, nella vita del Paese.
Scelsero di vivere e lavorare a Mosca, eminenti scrittori, scienziati, artisti e musicisti, come Puskin, Tolstoj, Lomonosov, Repin e CaiKovskij.
Nel 1812 Napoleone scrisse: “Non avevo idea della grandeur di questa città”. Dopo l’incendio che distrusse Mosca e portò l’esercito di Napoleone alla ritirata, tutto era in sfacelo, ma la popolazione vi ritornò e nel giro di un anno raddoppiò. Tolstoj osservò: “Mosca, simbolo e anima dell’Impero è eterna, perché i russi la considerano la loro seconda madre.
Mosca ritornò, dopo due secoli, ad essere la capitale della Russia, la capitale del primo stato socialista nel mondo. Era il 12 marzo 1918.
Oggi nella Mosca dalle cupole dorate, vivono 10.000.000 di abitanti, 13.000.000, con pendolari e turisti.

4 agosto in pulman, ci avviamo verso il centro della città. I nostri “capi gialli”: Maura e Roberto, ci prendono sotto l’ala protettiva. Abbiamo la fortuna di avere con noi Irina, che dà appoggio ad Ugo in Mosca. Garbata e disponibilissima, nonché carina, la nostra accompagnatrice, nel breve spazio di una mattinata e parte del pomeriggio, assolverà per quanto le sarà possibile, alle nostre curiosità. E’ incappata tra un folto numero di persone che pur preparate al viaggio, hanno molte domande in sospeso. Le varie guide, di firma, che molti di noi hanno al seguito, sono limitate a Mosca e San Pietroburgo coi dintorni, non ai percorsi. In futuro certamente la lacuna sarà colmata, per ora ci si deve adattare.
Scendiamo in p.za del Maneggio. Osserviamo il teatro Bolshoj, il monumento a Lenin, gli imponenti palazzi. Ci soffermiamo sul punto del “Km. 0”, ovvero un cerchio segnato a terra con i punti cardinali, al centro del quale è indicato il segmento iniziale di tutte le strade russe. Lì i turisti buttano “la monetina” che tante…. troppe, persone raccolgono, mettendosi in fila ordinata. Sono alcuni degli innumerevoli mendicanti che vedremo. Proseguiamo sulla stessa direttrice e iniziamo la nostra visita dal Cremlino. La cittadella, adiacente la piazza Rossa, sorge su una scarpata rocciosa alta 40 metri sulla Moscova e si estende su 70 acri. Il suo triangolo perfetto misura 2 km. di mura e le torri sono 20, la più alta è la torre della Trinità: 80 metri. Siamo consegnati a Natalia, l’interprete che tradurrà ciò che dirà la guida ufficiale. La coda all’ingresso è notevole, occorrerà attendere. Abbiamo già imparato che in questo viaggio “attendere” è d’obbligo. Tant’è siamo in Russia!
A spiegazione, il sostantivo russo: Kreml’ (Cremlino) designava anticamente una cittadella fortificata, costruita su un’altura a ridosso di un fiume o di un fossato.
La fortezza voluta dal principe Dolgorukij fu costruita, in legno, 9 anni dopo la fondazione di Mosca, per farne la propria residenza. Incendiata dai mongoli, fu ricostruita in legno di quercia nel 1326 e nel 1376, fu edificata in pietra. Ad Ivan III° ed al di lui figlio Vasilij III° si deve la costruzione dell’attuale Cremlino.
Entriamo dalla Torre Borovickaja, sostiamo attendendo il via, accanto all’Armeria di Stato, divenuta per volere di Pietro il Grande museo delle collezioni di oggetti preziosi della famiglia imperiale. Oggi è museo Centrale di Arte decorativa. Procediamo verso la piazza delle Cattedrali, la più bella e antica di Mosca, passando accanto al Gran Palazzo del Cremlino, già residenza della famiglia imperiale. Ora ospita ricevimenti di Stato. Jurij Gagarin vi ricevette la Stella d’Oro nel 1961. Ha una facciata di 125 metri che guarda la Moscova e tre ordini di finestre in stile russo-bizzantino con richiami neoclassici.
Tre le importanti Cattedrali sulla piazza. La Cattedrale dell’Annunciazione, dove venivano celebrati battesimi e nozze degli zar, ha ben 9 cupole dorate. Il pavimento è in diaspro e agata. Gli affreschi del 1508. Due dei quattro pilastri sono ricoperti dall’iconostasi. – L’iconostasi significa “luogo delle immagini”. Indica una trabeazione che supporta immagini sacre, aperta con colonne o chiusa con porte e nelle chiese russe funge da parete divisoria tra la navata centrale e il presbiterio – La Cattedrale, realizzata nel 1485, fu fatta ricostruire da Ivan il Terribile. Essendosi egli sposato quattro volte e quindi divorziato tre, una più di quelle concesse dalla religione ortodossa, fece costruire un passaggio di accesso dal Palazzo, in modo da poter assistere alle funzioni senza essere all’interno della Cattedrale.
La Cattedrale dell’Assunzione, dove venivano incoronati gli zar e sepolti i patriarchi fu commissionata da Ivan il Grande all’architetto italiano Fioravanti. Fusione di tradizioni rinascimentali italiane con quelle bizantine, è sormontata da cinque cupole dorate a bulbo. Meravigliosi gli affreschi dietro l’altare. L’iconostasi venne realizzata nel 1652. Splendida la “Vergine della Tenerezza” del XIII° secolo. L’esercito napoleonico fece scempio dei più pregiati capolavori utilizzandoli quale legna da ardere e saccheggiò, l’argento e l’oro. L’oro ed argento recuperati dall’armata in fuga, vennero fusi nel lampadario centrale. A sinistra dell’ingresso è posto il trono ligneo di Ivan il Terribile. Una delle porte è rivestita di lamine di rame con 20 scene bibliche, in oro sbalzato.
La Cattedrale dell’Arcangelo Michele era luogo di sepolture degli zar. Costruita nel 1508 dall’architetto italiano Alvise Lamberti su richiesta di Ivan il Grande, è in pietra bianca, con vari elementi del rinascimento italiano e più propriamente veneziano. Nove le cupole dorate. La pianta a croce bizantina è segnata da quattro pilastri. Preziose le icone tra cui quella dell’Arcangelo Gabriele.
L’icona è l’immagine sacra propria dell’arte russa e bizantina. Generalmente realizzata a tempera su legno, ricoperta di gesso e colla, é poi rivestita d’argento o d’oro, può essere, però, anche di altro metallo. Spesso è decorata con pietre preziose e smalti. Sono lasciati sempre scoperti il volto e le mani dei personaggi raffigurati: i santi, il Cristo e soprattutto la Madonna col Bambino.
S’intenerisce la guida russa, allorché ci fa notare il Palazzo dei Terem e il Palazzo d’Oro della zarina che, con le sue 11 torrette dorate, sistemate a scacchiera sul tetto, sembra uscito da una favola. Terem, nella tradizione russa designava la parte del palazzo dei nobili, abitata da bambini e donne.
La visita che segue è al Palazzo dei Patriarchi che fa parte dello stesso complesso architettonico comprendente la Cattedrale dei Dodici Apostoli. Fatto edificare su quattro piani dal Patriarca Nikon, il palazzo è bianco, in stile bizantino. Le sale adibite a museo, ospitano ricchi manoscritti miniati fra cui: il sillabario del figlio dello zar Pietro il Grande, pizzi, stoffe, abiti del Patriarca, ricami, giochi da tavolo. In due sale è creata l’ambientazione dell’epoca con mobili, stampe e vasellame nell’ambiente familiare del XVII° sec.
Segue, il Campanile di Ivan il Grande, alto 81 metri, formato da due nuclei di tre piani, costruito nel 1505/8. Dalle arcate della torre pendono 21 campane di cui una del peso di 70 tonnellate. La cupola è dorata. Di fronte al campanile di Ivan il Grande, si trova il Palazzo a faccette, costruito dagli italiani Rulfo e Solari è così detto, perché il rivestimento esterno è a lastre di pietra calcarea sfaccettate.
Vediamo la Zarina delle campane, la campana più grande del mondo coi suoi 6 metri d’altezza e 210 tonnellate, nonché la scheggia da 11 e mezzo, che le sta accanto, staccatasi nel corso dell’incendio del 1737 a causa dell’acqua che servì per raffreddare il metallo. Ci vollero 2 anni di fusioni per ottenerla.
Proseguendo nel cammino verso l’uscita opposta del Cremlino, incontriamo lo Zar dei cannoni, 40 tonnellate, non sparò mai. Il Palazzo dei Congressi, moderno, 800 stanze su cinque piani. Sala concerti capace di 6000 posti. Il Palazzo della residenza presidenziale, ove risiede il Presidente Putin e l’Arsenale, vasto edificio voluto da Pietro il Grande, attorno al quale sono allineati 875 cannoni della guerra napoleonica.
La guida ci abbandona. Pranziamo nell’affollato centro commerciale, di fronte al Cremlino, elegante e moderno, con negozi e restaurant.
Dopo una passeggiata di fronte al Palazzo Storico di Stato, in stile pseudo russo, che chiude da un lato la piazza Rossa, ci rechiamo al Milite Ignoto nei giardini del Cremlino, per assistere, col resto del gruppo, al cambio della guardia. Dopodiché in pulman ci avviamo nella Ulica (via) Arbat, la caratteristica via dove è d’obbligo l’acquisto dei souvenir. L’ambra, le matrioske e gli scialli d’angora, vincono sul resto.
Tornando al “campo”, ci si ferma ad un supermercato. Lo stupore è molto, quando vediamo gli scaffali colmi di ogni ben di Dio. Ritroviamo addirittura prodotti italiani ed alcuni a minor prezzo che da noi. Chi è già stato in Russia comincia a notare le differenze avvenute in questi anni.

5 agosto, solito trasbordo in pulman e visita alla ricostruita (nel 1997) Cattedrale del Cristo Salvatore che domina Mosca con la sua enormità: le cupole dorate, i marmi, i mosaici, le decorazioni in oro. Entriamo nel museo all’interno, dove è raccontata la storia della Chiesa. Appagante il panorama, che si gode dall’alto della balconata della Cattedrale, sulla città. Natalia, la guida, ci fa notare “le 7 candeline”, così chiamano i moscoviti i giganteschi grattacieli staliniani, occupati tra gli altri dal Ministero degli Esteri, l’Università e l’hotel Ucraina. Proprio bella, la bionda l’ascensorista che ci riaccompagna al piano terreno! Lo sguardo dei nostri uomini ne é attratto. Sarà attratto spesso. Non ho ancora detto che in giro ci sono delle ragazze splendide e vestono la nostra stessa moda. Meno apprezzabili i ragazzi e proprio poco ambo i sessi, più avanti negli anni.
Pranzo veloce e, in Ulica (via) Precistenka, si va al Museo Puskin. Elegante il porticato neoclassico. Nella prima sala fanno mostra di sé le sculture di Gina Lollobrigida, in esposizione fin dall’inizio di luglio.
Cimeli, opere, ritratti e manoscritti del grande Puskin, sono conservati in questo luogo. Degno di nota è il Tesoro di Priamo, rinvenuto tra le rovine di Troia nell’800, di cui i sovietici se ne erano appropriati alla fine della seconda guerra mondiale, trafugandolo dal Museo di Berlino. Ricca la Pinacoteca con opere di Renoir, Degas, Rubens, Rembrand, Cezanne, Van Gogh, Monet, Picasso ed altri.
Interessante la sezione dedicata all’Egitto con le mummie dell’epoca tolemaica e greco romana.
Breve ritorno ai camper per il cambio d’abiti e nuovamente in pulman, per raggiungere il battello che ci porterà in Navigazione sulla Moscova. Un’esperienza piacevole durata dalle 18 alle 22,30. Dal fiume abbiamo visto scorrere la storia di Mosca. E tanto per citare: lo Stadio Olimpico dove in epoca “Sovietica” i posti erano unificati e si chiamava Lenin (ora si chiama Puskin), la statua di Pietro il Grande, che i moscoviti pare, non amino troppo; il GorkIj Park, dove si dice che le spie russe complottassero; il Cremlino illuminato ecc. Si è cenato a buffet, approntato su una tavola riccamente imbandita di prodotti locali, il tutto innaffiato da abbondante vodka. E col gioco dello….“scoppiar palloncini” firmati: “La Granda”, i pochi bambini che, con me e altri adulti si divertivano, ricorderanno che abbiamo anche…lavato qualcuno, rovesciando dei bicchieri.
Seguono le visite a due Stazioni della Metropolitana, le più belle, quelle che si dice: “se non le si è viste, non è valsa la pena essere venuti a Mosca”: lampadari splendidi, stucchi, mosaici. La prima linea del metrò vide la luce il 15 maggio del 1935.
Infine, ultima “tappa” della giornata è alla stazione della Transiberiana dove, all’inizio del binario è stato posto in occasione del centenario della tratta, nel 2001, il paletto con l’indicazione del “km. 0”. Coi suoi 9600 km. di rotaie, che collegano Mosca a Vladivostok sul mar del Giappone, in Estremo Oriente, la Transiberiana è considerata la linea ferroviaria più lunga del mondo.

6 agosto: stamane viaggiamo su uno sgangherato pulman, che avrà pure i sedili un po’ sfasciati, il parabrezza un po’ scheggiato (…di norma) ma ha un autista abilissimo. Riuscirà ad evitare per un pelo, due auto che, provenendo in senso contrario ed a distanza ravvicinata, compiranno inversione di marcia con doppia striscia continua. La sua perizia sarà premiata con l’applauso dei trasporati. Ci stiamo recando a POSAD, una delle città del cosiddetto Anello d’Oro per visitare il Monastero della Trinità di San Sergio. Iscritto nell’Unesco, ha uno splendido muro di cinta trapezoidale, con cammino di ronda e 10 torrette. Pare un villaggio da fiaba, con le cupolette dorate ed azzurre rese brillanti dalla pioggia che sta cadendo e poi fortunatamente smetterà. Al centro del Monastero sorge la Cattedrale dell’Assunzione con cinque enormi cupole. Barocca è la discosta Fonte Battesimale. La Cattedrale della Trinità, è la chiesa più importante del Monastero, costruita dal metropolita Nikon nel 1422/23, fu una delle prime chiese ad avere l’iconostasi e fra l’altro racchiude 42 icone, di un raffinato lavoro di oreficeria. La chiesa racchiude altresì l’urna di S. Sergio. In forme barocche è pure il tempietto ottagonale di Nostra Signora di Smolensk. Il piccolo Monastero, per i russi, è considerato come il nostro Vaticano. E’ un vero dispiacere non potersi soffermare.
Raggiungiamo il Museo del giocattolo, che visitiamo. Veniamo poi condotti, in un luogo a qualche chilometro di distanza, fino ad ora tenuto segreto, in quanto doveva rimanere una sorpresa.
Quando leggiamo la targa di ottone all’ingresso, ci rendiamo conto di essere al Centro Controllo Oggetti Spaziali a Karajof. E’ proprio una bella sorpresa! Siamo nel luogo dove si decide il destino delle navicelle spaziali.
Percorsi innumerevoli spaziosi corridoi, veniamo ricevuti in una grande sala riunioni, da una funzionaria addetta alla cura delle pubbliche relazioni del Centro, che si annuncia semplicemente col nome: Tatiana. Ovviamente parla in russo. Ugo fungerà, da egregio interprete per tutta la permanenza al Centro.
La Signora inizia a raccontare che in questo Centro è nata l’astronautica e dell’importanza goduta negli anni 70’. Ci parla di Sergiev Karajof, artefice del primo studio sui lanci russi e quindi dell’invio del primo sputnik nello spazio e di successive navicelle. Dei record della MIR, rimasta 15 anni nello spazio, dove si sono succeduti centinaia di astronauti, fino a che pochi anni fa è stata fatta cadere. Ci spiega che i laboratori russi, sulla stazione orbitante, erano stati soprattutto finalizzati a studi legati alla biochimica ed alla biomedica, atti a produrre medicinali di impossibile produzione sulla terra.
Illustra, sempre la Signora, il progetto a livello mondiale, a cui il Centro sta lavorando al presente ed il cui tema è legato al filone della vita dell’uomo nello spazio. Il primo mezzo è stato messo in orbita nel 1998 ed il progetto dovrebbe aver durata fino al 2008. La navicella viaggia a 8 Km. al secondo. Il ruolo della Russia, facendo fede all’esperienza sulla MIR, è di occuparsi della salute degli abitanti la stazione orbitante. Dall’allenamento fisico, all’alimentazione. Al momento si sono già alternati 7 equipaggi. Ogni equipaggio rimane a bordo 6 mesi.
La nostra ospite ci conduce successivamente nella “Sala Controllo” che per 15 anni ha controllato la MIR. E’ emozionante pensare che proprio in questa enorme sala, sul gigantesco schermo di fronte, la navicella sia stata controllata per 15 anni. Che siano stati dati ordini per ben 80 missioni fuori navicella; che si siano raccolti i successi per 600 brevetti, di altrettante tecnologie; che sullo schermo, la si sia vista cadere, in quello che viene chiamato: “cimitero terrestre”, a seguito di un sofferto, immagino, ordine. Un puntino luminoso, unica luce di tutto lo schermo, sta ad indicarne l’esatta posizione. Questa “Sala”, per scelta, dal momento della distruzione della MIR, ha cessato la sua funzione, per divenire una sorta di museo.
Seguono esempi visivi di vita a bordo della MIR. Innumerevoli gli esperimenti a cui assistiamo, come la coltivazione del grano, piuttosto che il tentativo di far vivere dei pulcini o salamandre che, meglio dei primi, resistettero all’assenza di gravità.
Visitiamo un’altra “Sala Controllo” nella quale si controllano tutti i lanci. Due sono i Centri: Houston e questo. Da una sorta di galleria vediamo il personale lavorare ai vari monitor. Lo schermo grande come il precedente ci viene illustrato fra l’interesse generale. Per chi volesse consultarlo il sito è: www mcc.rsa.ru, purtroppo in lingua russa.
Le sorprese non sono finite. Ci rechiamo nuovamente nella “Sala Museo della MIR”, La signora Tatiana ci presenta, il Direttore del Centro Spaziale, che tiene una piccola conferenza sul tema. A sua volta ci sorprende presentandoci l’astronauta che più a lungo è rimasto nello spazio e precisamente: 365 giorni 23 h e 35’, in una sola missione, con un totale di 501 giorni, di permanenza. Si tratta del cosmonauta Manarof, medaglia all’Ordine Sovietico. L’ing Manarof é un signore, sui cinquant’anni, corpulento e gioviale, con un bel paio di baffi. Narra con semplicità le sue fantastiche avventure come: delle sue 7 volte fuori della navicella MIR, nello spazio libero, nel 1990; delle sue sensazioni in genere e di come sia dovuto intercorrere un anno, per tornare in salute dopo la lunga permanenza in orbita.
Dopo la visione di un video che lo filmò in missione nello spazio, con colleghi giapponesi, nel 1991, si dichiara disposto a rispondere ad eventuali nostre domande. Un fuoco di fila…per circa un’ora, lo bersaglia. Nell’entusiasmo generale, poi, l’astronauta, firma autografi e stringe mani e con lui il Direttore. Porterò anch’io a casa i primi due autografi della mia vita, sulla guida del Touring, che, per ultimo, il Responsabile del Centro mi porge, stringendomi la mano con impeccabile postura.
Si é vissuto per qualche ora, in un mondo inavvicinabile!
L’autista del pulman fa manovra, si rompe lo specchietto retrovisore destro, nessun problema: prende quello interno, si industria, lo sistema e siamo pronti. Sulla strada del ritorno si parlerà di orbite e …missioni.

7 agosto: oggi la scelta è tra altre due città dell’Anello d’Oro: VLADIMIR, che fu capitale tra le fine del XIII° e XIV°sec. e SUZDAL, il cui Cremlino racchiude la Cattedrale della Natività. Le città distano 180 km. da Mosca. Diverse persone effettuano questa scelta, altre decidono di conoscere un po’ meglio Mosca autonomamente.
Miki ed io siamo tra i secondi. Con Anna, Sauro, Stefano, Anna e Raffaele, gambe in spalla, trottiamo tutto il giorno. Metropolitane, uliche (vie), piazze. Tra il resto: L’hotel Rossia , un complesso di 4 edifici di 12 piani ciascuno e 1 centrale da 23 con veduta sul Cremlino; la piazza Rossa, una delle più vaste del mondo (695x130 m.) alla quale s’affacciano le mura del Cremlino. Il Mausoleo di Lenin. Il Museo Storico di Stato. I Magazzini Gum, una galleria commerciale dalle volte a vetrata, su tre piani, con negozi sfarzosi e si vendono anche le “firme” più note. Visitiamo la Cattedrale di San Basilio, denominata: “il fiore di pietra della piazza Rossa”, salvata dal fuoco di Napoleone, ma usata dal suo esercito come stalla, fu costruita per volere di Ivan il Terribile, in mattoni secondo lo stile russo. Dipinta con colori vivaci. La torre centrale è a forma di pigna ed è circondata da 9 cappelle con copertura sia pigna che a cipolla, colorate. L’interno è ricco di icone e affreschi del XVI° e XVII° sec., i decori delle gallerie coi colori brillanti: giallo, turchese e rosso, riflettono una luce policroma ricca di mille sfumature.
Metà della piazza Rossa è transennata. Rimane libera la parte sottostante la Cattedrale, opposta per intenderci al Mausoleo di Lenin, ma solamente ai pedoni. Per sostare con le auto occorrono permessi speciali, come sarà per noi camperisti domani. O come per le auto delle due coppie di sposi, che incontriamo mentre brindano, in piazza coi parenti, alle quali porgiamo gli auguri e loro ci vogliono per una foto ricordo.
Pranziamo nei giardini Alexandrovskij accanto al Cremlino in uno dei tanti ristorantini e girovaghiamo nel giardino accanto al Maneggio. Non riporto altro, ma non posso non riportare la miseria che si vede tra la folla: innumerevoli le persone che mendicano. E sarà così non solo a Mosca.

8 agosto, sveglia alle 4, pronti alle 5, alle 5,30 (la puntualità ho già detto, qui è…facoltativa), la polizia arriva e partiamo verso Mosca. Sì!, si vuole fare un “guinness”: 44 camper sulla p.za Rossa. Nonostante il numero spropositato di semafori (che prendiamo un po’ di tutti i colori) per giungere in città, dalla quale ci separano, come già detto, una decina di chilometri, restiamo “compatti”.
E…. trionfali “marciamo”, si fa per dire, sulla piazza Rossa. Con la scenografia dei monumenti visti ieri, ci disponiamo a semicerchio, per le foto di rito e film, che il nostro “operatore ufficiale”, Lucio, riprende. Ugo fa le proprie foto e poi compare lo striscione con la scritta “Camper Club La Granda”, sventola la bandiera del Club, partono tappi di bottiglia.
Acci…oggi sarà una giornata di lunghe ore di guida, se i nostri autisti son già brilli dall’alba…Bhe! Tant’è siamo in Russia, bevono tutti! Una giacca rossa, quella di Anna, una verde, quella di Ornella, una bianca, la mia, qualcuno se ne accorge e ci compongono per la fotografia: “W l’Italia” e “W i 44 ”.
Rompiamo le file e ci disponiamo per l’uscita da una Mosca già ben sveglia, col conseguente traffico disordinato. I moscoviti, i russi, in genere sono di aspetto severo, paiono poco pronti al riso, non è che si sbraccino al nostro passaggio. D’altra parte la storia ci insegna che ben poco hanno avuto da ridere. Sventolo la mano. Qualcuno sorride. E’ già qualcosa.
Sedime stradale orribile, puntiamo verso nord-ovest. Dopo TVER, passiamo sul fiume Volga.
A pranzo compriamo i mirtilli dai contadini che passano a venderli tra i camper, in sosta presso un distributore, mentre al “grigione”, (così ho battezzato il camper di Milena e Mauro), viene sostituita una ruota bucata, dal disponibile e veloce Gianfranco. Tanto che il suo proprietario non si sporca neppure le mani!
Pioggia, sole, pioggia e via di seguito. Il clima non è più quello dei primi giorni a Mosca quando Irina ci informava che da alcuni anni il clima è più torrido d’estate e meno freddo d’inverno. Comunque i –23° con punte a –35° li raggiungono.
La zona che attraversiamo non ha coltivazioni, è desolata. L’economia è basata sulle poche povere cose, che i contadini vendono. Questa sera risotto coi funghi, Nadia e Gianni si sono fermati a comprarli ed hanno pensato a noi. Da altri amici, altre volte, giungono: mirtilli, lamponi, trota affumicata, ecc… Che gentili gli amici della…spedizione!
In serata, per i ragazzi del gruppo, finalmente un divertimento adatto a loro: vanno in discoteca, dove si accorgeranno di una massiccia presenza femminile. Li guardano con invidia il giorno dopo, gli sposati. Si racconta che abbiano…agganciato o siano stati…agganciati. Le donne in Russia, ho sentito in loco, sono ancora condizionate dal sesso opposto che pretende sudditanza. Rare le eccezioni. Il sesso maschile, privilegiato, le corteggia, regala loro fiori e le sposa con facilità. Il passo successivo al matrimonio per le donne, è spesso, l’accollo dei figli ed il peso della famiglia. Peso che resta loro, in seguito alle numerose separazioni.
I ragazzi a ballare e noi adulti a sgranchirci le gambe con una passeggiata nella graziosa città. Non c’è un’anima! Oggi abbiamo percorso 580 km. e siamo a
NOVGOROD

9 agosto, la messa in moto del pulman difetta? Non ci sono problemi. L’autista spintonando gli astanti, percorre il corridoio, solleva un coperchio prende un chiodo, non vedo che fa, ma…il motore parte!
Il Museo delle case antiche è la nostra meta. Le izba sono del ‘400/’500. E stata riportata anche una chiesa. Alcune case sono aperte con gli arredi del tempo e signore in costume sono a ricevere. Noto un curioso letto: un soppalco alto circa 50 cm., posto nella sala da pranzo. Che bello passeggiare col profumo di…antico! C’è un diversivo: Miki perde gli occhiali da vista. L’unione fa la forza e cortesemente, tutti i presenti sono alla caccia nei prati tra le case. Evviva! Milena li ritrova.
Qui lavorano la corteccia di betulla: fiori, cestini, quadri, oggetti vari. Ci si sbizzarrisce negli acquisti.
Andiamo al piccolo Cremlino, 1 km. di mura, Vediamo la Cattedrale di S. Sofia, del 1045. Notevole il portale: 26 le placche di bronzo, con scene del Vecchio e Nuovo Testamento. Sono trofeo dell’assedio della città svedese, che dà il nome alle porte: Sigtuna, qui trasportate nel 1187.
Colpisce l’edificio delle Campane, nel 1439, ne ospitava ben 18. Ora sono 3 e 5 sono a terra, in fila.
Lasciando la città, attraversiamo zone paludose, le stesse che nel passato l’hanno salvata da incursioni nemiche. Con 205 km. siamo a
SAN PIETROBURGO
L’arrivo al Complesso Sportivo Dinamo, sull’isola di Krestovsky, una delle tante su cui sorge, avviene alle 21,45, col completo attraversamento della città, chiamata “la Venezia del Nord”, che appare fin da subito, spettacolare per la sua bella eleganza.
Ci vuole tempo a parcheggiarci, siamo strettini. Idem è stato a Mosca, anche se gli spazi ci sarebbero. Si stupirebbero gli amici del Club delle norme di sicurezza esistenti in Russia. Ci adattiamo. Loro vivono in stretti spazi ed anche noi. Gli ampi spazi li vediamo già viaggiando. In poco tempo “i soliti”, approntano i tubi per il carico acqua ed arriva anche la luce. Da una torretta i guardiani ci osservano dall’alto. Qualcuno scoprirà che… cimpano (bevono). E’ normale…

10 agosto, ci sono 13°, piove. Smetterà appena usciremo dai camper e arriveremo a 20° in giornata. Ci si reca con Eugenia, la guida, al complesso dell’Ermitage.
Perfettamente restaurati i palazzi, come tutti i più importanti edifici e monumenti, per il trecentenario della città.
L’Ermitage s’affaccia sulla Neva, nel suo barocco, dai colori verde pallido e bianco, con stucchi dorati. 1057 stanze, 1786 porte, 1945 finestre e 117 scale. Caterina II, aveva voluto il Piccolo Ermitage, per conservarvi i numerosi dipinti olandesi e fiamminghi, acquistati a Berlino. Collezione ingrandita dai suoi successori, che fecero poi costruire il Grande Ermitage. Entriamo dal Palazzo d’Inverno, visitiamo il primo piano, partendo dalla Scala di Gala, del Rastrelli. Vediamo: la carrozza di Pietro il Grande (all’Ermitage ce ne sono più di 500); la piccola Sala del Trono, opera dell’arch. Staso, costruita come monumento a Pietro il Grande; la Sala di San Giorgio o Sala del Trono, la Sala degli Stemmi, con stucchi dorati, il soffitto ed il parquet sono a specchio con gli stessi disegni e dimensioni, vasi in diaspro, lapislazzuli e malachite; la Galleria, coi ritratti dei 336 eroi della guerra napoleonica; altre sale con porcellane di Berlino.
La splendida Sala del Pavone, con l’orologio dorato, dalle sembianze, appunto, di un pavone.
L’estensione della più grande galleria d’arte del mondo è proprio qui all’Ermitage ed al contiguo Palazzo d’Inverno. Ospitano 322 gallerie contenenti 3.000.000 di quadri ed un numero indefinibile di opere d’arte, per un percorso di 24 chilometri. Si dice che, pur soffermandosi solamente 30 secondi di fronte ad ogni opera, ci vorrebbero 7 anni – od addirittura 9 a seconda dei libri - per vederle tutte. Passiamo alla Pinacoteca. Non potendo rimanere qui qualche… anno, decidiamo per gli Impressionisti (1800/1900). In una carrellata, si transita di fronte ai quadri di: Van Gogh, Renoir, Matisse, Pissaro,…….e poi in altra sezione vediamo anche dei Leonardo, Tiziano, Caravaggio …e…. mi porto via “la dama nel giardino” di Monet, in…poster.
Dopo un veloce spuntino, corriamo nella Sala Egizia, dove… tormenterò Mauro, appassionato di egittologia.
Appuntamento con gli altri compagni in P.za dell’Ermitage ed in seguito un giro panoramico con narrazione della guida, in pulman, per le vie cittadine ed i suoi ponti. Ne conta ben 300. Unica visita all’Incrociatore Aurora, alla fonda sulla Neva dal 1958, che diede il via, con un colpo di cannone a salve, all’assalto al Palazzo d’Inverno e alla rivoluzione bolscevica. L’incrociatore, in occasione del terremoto di Messina, andò in soccorso dei terremotati.
Sosta per acquisti di souvenir e poi a prepararsi per la cena che si svolgerà in città. Il locale é caratteristico e la coreografia coinvolgente. Danze e canzoni russe, note, trascinano al cadenzato batter di mani e, frattanto, si gustano i piatti tipici. La cena termina alla moda “della Granda”: col ballo.
Dai finestrini del mezzo, che ci riconduce al campeggio, scorre l’affascinante città immersa nella notte, con la luna a tuffarsi nei canali.

11 agosto, la prima visita é alla Fortezza. Voluta da Pietro il Grande per proteggere la città dagli svedesi. Entriamo dalla Porta San Pietro ed accediamo alla ortodossa Cattedrale s.s. Pietro e Paolo, opera del Trezzini, consacrata nel 1732. Qui trovano sepoltura: Pietro il Grande, Caterina II ed i loro successori. Nel 1998 ebbero luogo le esequie di Nicola I°, della moglie e dei figli, tutti fucilati nel 1918. Sono 32 le tombe dei Romanov. Tra noi c’è qualcuno che ha vissuto la visita quasi come un pellegrinaggio: è Sergio, la cui nonna, in prime nozze è stata sposata con un principe della dinastia dei Romanov, deceduto anch’egli in modo cruento come la sua famiglia. Vita avventurosa quella della nonna di Sergio che, tra l’altro, conosceva 18 lingue e 64 dialetti.
Tappa successiva la Cattedrale di S. Isacco, opera dell’arch. Montferrand, voluta da Alessandro I°. L’opera monumentale iniziata nel 1818, terminò 40 anni dopo. Ha un’altezza di 101 metri. 100 Kg. di oro furono utilizzati per dorare la cupola. All’intero 14 i tipi di marmo e 43 le varietà di pietre semi-preziose. I primitivi affreschi, deterioratisi per l’umidità, furono convertiti in mosaici, come in mosaico è l’iconostasi. Saliti i 160 gradini, che portano alla cupola, la città si stende bellissima coi suoi canali ed il golfo di Finlandia offre la visione del mare.
I giardini di piazza S. Isacco vengono scelti per uno spuntino al piacevole sole. Vediamo: l’Hotel Astoria, dove Hitler aveva già prenotato un banchetto per il novembre 1942 e che, ovviamente, non è mai stato tenuto; la statua di S. Nicola, al di là del ponte Blu, il teatro Marinski, tempio del balletto, che ha tenuto a battesimo stelle della danza e opere dei maggiori compositori russi.
I russi amano la cultura in genere e sono assidui frequentatori dei teatri, che sono moltissimi dappertutto.
Ci attende la navigazione sui canali e sulla Neva, in battello. 2 ore a bordo e l’elenco infinito dei palazzi che sfuggono ai lati. Mentre si passa sotto un ponte più caratteristico dell’altro, scopriamo che i loro nomi furono dettati dal colore delle ringhiere del lungo fiume.
Le serate al “campo” trascorrono coi “verdi ed i gialli” a fondersi nel racconto delle loro giornate. La “verde” Pina è ormai esperta in acquisti tanti ne ha fatti. E suo marito la guarda…rassegnato. Il simpatico “vulcano” Pina é riuscita a farsi fotografare con un orsetto (vero) in braccio; accennare qualche passo di valzer con un suonatore ambulante; nonché baciare i nostri due ospiti a Karajof: direttore ed astronauta. E non so tutto!
Ce la….raccontiamo la sera, ma siamo sempre un po’… "cotti”. Questa sera alle 23,30 andremo, quasi tutti, a vedere “l’apertura dei ponti”.
La visione della città sapientemente illuminata è fantastica. Gironzoliamo nella piazza dell’Ermitage, quasi deserta, tranne noi “della Granda”, da un lato c’è Il Palazzo d’Inverno e prospiciente, l’edificio dello Stato Maggiore con l’Arco di Trionfo. Ci ritroviamo poi lungo la Neva, dove si …..specchiano nell’acqua: il Palazzo d’Inverno; l’Ermitage, Grande e Piccolo; il Canaletto d’Inverno; Il Teatro dell’Ermitage e…palazzi…palazzi e…. i ponti si sollevano. E’ l’ una del giorno dopo.
I ponti si aprono tra l’1 e le 4,50, per consentire il passaggio delle navi. La strada cessa di esistere e l’ala illuminata del ponte si proietta verso l’alto. Vediamo 3 aperture, in luoghi, ovviamente, diversi. Varie sono le soste del bus nella, poco notturna città, per rimirarla da terra e poi a malincuore, ci si avvia ai camper.

12 agosto, notte breve per molti e non solo perché ci siamo coricati tardissimo, le zanzare non hanno dato tregua. Ci diceva ieri la guida, Eugenia, che gli abitanti, non godono di ottima salute, rispetto ad altre città russe. Vero è che San Pietroburgo è stata fondata su una palude.
Oggi giornata libera. Riformiamo il gruppetto di Mosca e con le solite gambe in spalla, percorriamo la città in lungo ed in largo. Mi piace nominare il caffè Wolf, frequentato da Puskin e dal quale uscì per l’ultima volta, per sfidare a duello, quello che si diceva essere l’amante della moglie e ne ebbe la peggio. Sulla stessa strada c’è la Cattedrale di Kazan, che nel colonnato e nella struttura ricorda la Basilica di San Pietro in Roma. Nella Cattedrale venivano celebrati matrimoni e ricorrenze della famiglia reale.
La cena e poi, fuori dai camper.
Pare di stare ai soliti raduni. Qualche pallone che salta.
Si… assaggia la vodka appena acquistata e si terranno le bottiglie vuote, perché son quelle da collezione, preparate in occasione del trecentenario. Circolano di mano in mano i vari liquorini alle erbe che molti di noi ci prepariamo.
Scopro, e divento… ghiotta del “Bicerin” di Beppe Truffo.

13 agosto, a 29 km. da San Pietroburgo, Sul Golfo di Finlandia, c’è Petrodvorec e lì ci rechiamo. Questo é il luogo dove Pietro il Grande decise venisse costruita una reggia degna del suo regno. E ce l’ha fatta! Non è prevista la visita al Palazzo, ma solo all’immenso parco. Innumerevoli le fontane, cascate e canali, ai quali l’acqua arriva dalle colline, che distano 22 km., tramite un sistema di vasi comunicanti, attraverso ben 40 canali. Il costruttore dell’epoca compì i dovuti studi in Olanda e li applicò qui.
Due i palazzi che si incontrano nell’immenso parco: il Marly e il Monplasir, quest’ultimo affacciato sul Golfo.
Dopo 2h,30’ di camminata nello scenografico parco ed aver sgranocchiato solo qualche crakers, smaltiamo il parco pranzo, salendo i 143 gradini che portano alla cupola della chiesa di S.S. Pietro e Paolo, facente parte del complesso, ma discosta e raggiungibile con un mezzo. E, dall’alto, ammiriamo il magnifico panorama della reggia, del laghetto e della cittadina intorno.
La sosta successiva è a 30 km., a Puskyn. Il luogo è noto col nome “Villaggio degli zar”. L’imponente residenza fu fatta costruire da Pietro il Grande, per la seconda moglie Caterina I (la prima moglie l’aveva relegata in un monastero per sposare Caterina, ex lavandaia). Modificato dal Rastrelli su ordine dell’imperatrice Elisabetta Petrovna, figlia di Pietro I, fu ancora ampliato da Caterina II nell’aspetto, che ancora si vede. Si estende per 300 metri. Barocco lo stile, bianco ed azzurro, i colori. E’ adorno di statue e colonne con motivi dorati. I pavimenti del Palazzo sono a parquet e si debbono infilare le soprascarpe per entrarvi. Saliamo per la “Scala di Gala”. L’infilata di stanze al primo piano é un profluvio di barocco rococò. In successione vediamo: la “Sala grande” opera del Rastrelli, 696 le candele accese, quando veniva utilizzata per balli e ricevimenti; la “ Sala dei cavalieri”, sala da pranzo di gala. In due, delle sale successive si notano dei pannelli di carta stagnola, sotto vetro, entro cornici dorate, creati dal Rastrelli, che proprio non sapeva più come prodursi. Passiamo alla “Sala dei ritratti”, dove c’e anche il ritratto di una (brutta) Caterina, che fa dire: “che gusti, il Grande Pietro”! E poi la: “Sala d’ambra”, rivestita totalmente in mosaici d’ambra in tutte le sue tonalità: dal giallo al marrone. Che meraviglia! Purtroppo durante la guerra mondiale i nazisti rubarono i pannelli che, guarda caso, non vennero più ritrovati. Ne rimase solamente una piccola parte. Ciò che si vede è frutto di accurato restauro. Seguono altre sale in stile neoclassico, in raffinate tonalità verde pallido. Ognuna delle stanze, ha una stufa in ceramica che raggiunge il soffitto. Delle 300 e più sale, solamente 28 sono visitabili. Una passeggiata nell’immenso parco, arricchito da un laghetto, ci conduce all’ora del ritorno.

14 agosto, la giornata è libera. Decidiamo, con Ludovica, Gianluigi ed Andrea, nonché Gianni, che viene senza Nadia infortunata ad un piede, di prendere le biciclette e tentare l’avventura in città. Ci separano solamente 5 km. dal centro. Li percorriamo per vie traverse, lo scopo è vedere la vera città, non quella dei palazzi restaurati che sono la “facciata”. Case dormitorio, senza balconi, fatiscenti, costruite e mai più ritoccate si presentano ai nostri occhi. Osserviamo uno dei palazzoni, una sola piantina sparuta occhieggia da una finestra sguarnita di tende che nessuno o quasi, mette alle finestre. Vediamo anche edifici d’epoca, magari belli, ma sporchi all’inverosimile. Sarebbe interessante entrare nei portoni e quindi nei cortili ma non osiamo. Mi piacerebbe vedere una komunalca, le case in coabitazione, dove vivono da tre a cinque famiglie assieme, con l’uso di cucina comune. Ugo me l’aveva promesso. Se ne sarà dimenticato!
Le abitazioni erano e restano un problema. Chi negli anni scorsi è riuscito ad acquistare gli appartamenti messi in vendita dallo Stato, ha potuto entrarne in possesso per cifre veramente irrisorie. Ben diversa è la situazione ora, che il prezzo degli immobili è lievitato. Costoso è anche l’affitto degli appartamenti. Incide per circa la metà dello stipendio che si aggira dai 100 dollari di un pensionato ai 200/400 di un lavoratore. Stupisce che parlando di cifre si riferiscano ancora sempre, come in passato, ai dollari e non ai rubli. C’é da chiedersi come facciano ad “entrare” nei fornitissimi supermercati, che avranno pur i prezzi più contenuti dei nostri, ma non dimentichiamo qual è il loro potere d’acquisto.
Pedalando per la periferia, focalizziamo i volti delle persone che paiono imperturbabili. Si percepisce una certa lentezza. Notiamo che i negozianti poco si industriano per vendere le merci, contrariamente al centro dove si ha la sensazione di un maggior dinamismo.
Gli automobilisti non ci considerano e…rischiando l’osso del collo, arriviamo al centro. Le nostre due ruote incredibilmente, attirano la curiosità degli imperturbabili russi, che ci osservano con insistenza. Le bici qui sono quasi inesistenti, come dappertutto. Siamo ancor più un’attrazione, quando ci fotografiamo in piazza dell’Ermitage. Il nostro piccolo “guinness”, per essere in tema.
Andiamo alla “Cattedrale della Resurrezione del Salvatore sul Sangue Versato” in stile russo. Eretta nel luogo dove Alessandro I° morì nel 1881, per mano di un rivoluzionario, è realizzata in mattoni, ceramica, marmo e granito dai vivaci colori, con grandi cupole a cipolla. Spettacolari gli affreschi ed i mosaici all’interno. Cerchiamo qualche traccia del percorso svolto sulla Neva e, passando per la “Nevskij prospekt”, il corso più importante e animato di SanPietroburgo, ci dirigiamo al Palazzo dei Marmi del Rinaldi; al Ponte del Palazzo; all’ex Palazzo della Borsa; al canale Moika e all’Ammiragliato.
Il Ponte di San Giorgio costruito nel 1740 è stato il primo ponte ad essere stato posto in opera a San Pietroburgo.
Al ritorno, mi raccontano che in mattinata è venuta al “campo” la giornalista di un importante giornale cittadino, per constatare di persona: “il nuovo modo di viaggiare”, così l’ha definito. Andremo sul giornale! Chissà che cosa ne penseranno i Sanpietroburghesi?
In serata ci viene confermato che domattina potremo “sostare coi camper” in piazza dell’Ermitage. Bene! Non ne eravamo certi, in Russia, nulla è mai definitivo, pare sempre occorra il permesso del permesso.

15 agosto, di nuovo levataccia! Un po’ meno della volta scorsa, l’avvio è per le 6 e non le 5 come a Mosca. Questa volta la scorta è di quattro auto della polizia che, chissà! forse per darsi un tono, sgommano tra un camper e l’altro a fermare un quasi inesistente traffico. Mentre, con l’occasione, ripercorriamo la città, a rimirarla nella calma mattutina (peccato si metta a diluviare), ci si accorge che la polizia sta conducendoci “fuori città”, anziché in “centro” e ce lo diciamo tramite CB. Piero, che segue l’auto della polizia è imbarazzato, nessuno può fargli da interprete, Ugo non è con lui, in quanto lo incontreremo sulla piazza per le foto. E’ con noi, Olga, la sua assistente, che però viaggia a bordo di un camper, tra gli ultimi della fila. La ragazza lo invita a fermarsi e lui giustamente diniega l’invito, pregandola di raggiungere e chiarire l’equivoco, coi poliziotti che lo precedono. Lunga è la rimonta della quarantina di camper e Piero ad un certo punto, anche se gli agenti, nervosetti, gli mostrano: “i polsi incrociati”, arresta il veicolo e per conseguenza la colonna. Arriva intanto Olga, chiarisce il malinteso e finalmente raggiungiamo la piazza dell’Ermitage.
Ci posizioniamo sulla piazza, di fronte al Palazzo d’Inverno con il Carro della Gloria che ci guarda dall’alto dell’Arco del Quartier Generale. Ha smesso di piovere ed è già giorno. Sono le ore 7 (ricordo: le nostre 5 di ora legale). Ricompaiono striscioni, si scattano foto e si filma. Un altro “guinness” è raggiunto. E’ un ferragosto che non dimenticheremo!
Riprendiamo la marcia alle 8, percorriamo la Nevskij e buona parte del centro già animato e, contrariamente a Mosca, forse perché la città è più europeizzata, al nostro passaggio, ci salutano
San Pietroburgo, abbiamo avuto il piacere di vederla appena restaurata per aver festeggiato il trecentenario della sua fondazione – nel maggio scorso - alla presenza, dei più illustri capi di Stato e di governo del mondo. Fondata da Pietro I, il Grande, nel maggio del 1702, che intuisce la necessità di un avamposto verso l’Europa, cambia nome quattro volte. Sarà: Pietroburgo, con gli zar e diventa capitale; Pietrogrado per una Nazione in guerra; Leningrado alla morte di Lenin, San Pietroburgo nel 1991. Nel 1918 aveva perso la funzione di capitale, in favore di Mosca.
Peter è il nome con cui è chiamata affettuosamente dai suoi cittadini.
Intercorreranno purtroppo parecchie ore prima di poter lasciare San Pietroburgo. Parcheggiati lungo i giardini prospicienti il Museo della Resistenza, attenderemo….. uno scomparso: Ugo.
La strada che conduce a Pskov, è costellata da dacie più o meno misere che poi scompaiono, lasciando spazio alla foresta. Riprendono le lunghe ondulazioni date dagli impercettibili rilievi ed il serpentone dei camper è nuovamente visibile in tutta la sua lunghezza. Riprende anche il consueto “balletto” dovuto al sedime stradale rappezzato. Riprendono i venditori delle poche verdure nei secchiellini. E, tra un piovasco e l’altro, giungiamo a PSKOV per l’ora di cena. L’Italia continua a subire i 40 gradi, noi ne abbiamo 15.
Ci sistemiamo nel campo sportivo. E’ la sosta più confortevole che abbiamo trovato fino ad ora. La cittadina, é graziosa e vivace, le case sono più curate, compaiono le tendine. Si dirà che sono impallinata, ma lo trovo… sintomatico.
Purtroppo siamo arrivati tardi, ci dobbiamo accontentare di una passeggiatina serale e…..approdiamo al suo lago baciato dalla luna. C’è gente in giro e….quanto bevono anche qui!! I ragazzi hanno quasi tutti una bottiglia in mano. A terra: bottiglie di birra e vodka. I km. percorsi oggi sono 300.

16 agosto, ci avviamo ed i prati che fuggono sono più curati, le case, sempre quasi tutte in legno, non sono più grigiastre e scolorite, iniziano ad essere dipinte. Dopo il pranzo percorriamo un tratto e siamo in frontiera. Sostiamo discorrendo accanto ai mezzi incolonnati in attesa che Ugo, assolva alle ormai solite incombenze. Ad un certo punto nell’incontro del vai e vieni lungo i mezzi parcheggiati, Pina col suo solito spirito, fa divertire Marina e me raccontandoci di un viaggio…fantozziano in Giamaica, dove il tempo…sprecato, conta ancor meno che in Russia.
Occorrono 4 ore affinché siano completate le operazioni doganali e ritorniamo in Bielorussia. Ci si avvia verso Minsk. (sono le 19,15) col panorama di un tramonto mozzafiato.
Il “grigione” ha dei problemi, perde acqua, si fa qualche rabbocco, attendendolo tutti insieme e poi la colonna prosegue verso l’area di sosta. Ci fermiamo con gli amici ed anche il “meccanico Gianfranco”, cedendo il volante a Stella, sale sull’auto di Eugenio (l’accompagnatore che ci segue con la macchina). Più tardi, li raggiungeremo. Occorre rilevare che gli unici automobilisti disciplinati li abbiamo trovati in questo tratto autostradale. Non ci hanno neppure… investiti! Se pur come si capisce, ci si fermava sulla corsia d’ emergenza.
I km. percorsi oggi sono 530.

17 agosto, presto, presto, Gianfranco infila la tuta e si mette all’opera, un manicotto perde, si cercano… tubi da adattare alla bisogna…Da altri e dal mio gavone, esce di tutto. Infine si trova. Mio marito, per la prossima volta, lo so già, rimpinguerà la sua provvista di qualche altro tipo di manicotto, per la serie:…”potrebbe servire se si rompesse qualcosa”. Il mezzo è pronto per l’orario stabilito per la partenza.
Le strade sono finalmente tornate quasi buone e sono poco trafficate come sempre. Minori le auto ferme, minori gli incidenti. Attorno a noi non c’è più desolazione, i prati sono coltivati, le mucche sono al pascolo e completa il panorama bucolico, un cielo azzurro, da favola, dipinto con stupende nubi bianche spumose.
L’umore del gruppo è allegro, dai CB provengono scherzi. Ogni tanto una “rima” di Gianluigi ci allieta.
Percorriamo la M1 e in un'area di sosta ci fermiamo, dove, appena pranzato, ci ritroviamo tutti fuori in abiti estivi, al sole, nuovamente riscaldatosi.
Proseguiamo la marcia verso la frontiera polacca. Arriviamo a Brest e sostiamo in frontiera. Sono le ore 18.
Oggi abbiamo percorso 433 km.
Ci godiamo l’ennesimo splendido tramonto e si spera di varcare il confine. Le speranze invece sono disattese, Piero alle 0,45, ci comunica che dalle informazioni di Ugo, varcheremo la frontiera domattina alle 6. Tant’è, domani saremo in Polonia e cambierà la musica! Per fortuna viaggiamo col… guscio. Si va a nanna.

18 agosto, gli autisti alle 6 sono alla guida. Ci avvieremo alle 6,30. Ci compensa della levataccia, un’alba lattiginosa che cede a poco a poco, il posto al sole. Le operazioni si compiranno con la solita tiritera dei timbri ecc. ecc. Noi, con pochi altri, siamo tra i favoriti, un doganiere ci fa passare con soli 6 timbri, anziché i regolamentari 8.
Poco dopo le 11,30 siamo tutti a Terespol, in
POLONIA
Nello stesso parcheggio della partenza, la giornata si svolge in relax. Alcuni equipaggi ripartono per le loro mete.
La sera l’aperitivo alla moda del “La Granda”, col saluto di Piero e quello di Ugo che non abbiamo mai sentito così loquace. Le ragazze del gruppo, lo omaggiano di una pergamena, da loro preparata, a ringraziamento, nella quale è preso bonariamente in giro. Accennano alla sua mania di lisciarsi i capelli sulla fronte agganciando un inesistente ricciolo e fanno riferimento al suo “stress” (nei primi giorni andava dicendo che era stressato), ma gli dice: bravo! Ogni equipaggio, in ricordo del viaggio, riceverà, da Ugo, una simpatica matrioska, sulla cui pancia è lo stemma del nostro “club”.
In tale occasione é stato altruistico il gesto di Maurizio, di regalare “al Camper Club”, tramite Piero, il ritratto del ex Presidente Gorbaciov, avuto in dono in occasione della sua visita all’Ammiragliato a San Pietroburgo, dove si era recato per meglio appostarsi a fotografare i camper..… schierati, nella sottostante piazza.
In conclusione, l’essere andati in Russia e rispolveratane la storia, ha fatto sì che durante la visita dei pregevoli luoghi, che resteranno indelebili nella memoria, i pensieri venissero, spesso, rivolti anche alla condizione dell’uomo. E non certo a quello col potere decisionale, ma a quello comune che, ancor oggi, se pur in situazioni diverse, si dibatte nel disagio dei mutamenti in atto.
Il viaggio nella: “Granda Russia”, per richiamare la dicitura del cartoncino posto sul parabrezza del mezzo, che indicava anche il nostro numero di equipaggio, ha comportato una percorrenza di 3140 chilometri.
Abbiamo vissuto in un Paese con usanze diverse e ritmi diversi dai nostri. Ognuno di noi, motivato e deciso all’avventura è certamente ritornato con un bagaglio non indifferente di emozioni.
Ora che il viaggio è terminato, resto dell’idea che è presto per avventurarcisi da soli.
E’ ancora utile un appoggio. Non è difficile viaggiare per la Nazione, il difficile sono le troppe, piccole ed insormontabili difficoltà dettate dal loro modo di essere. Giusto è stato compiere il viaggio ora, per vedere ancora la vera Russia che, come già ricordato, sta cambiando velocemente.
E stare tra i “44”? L’equipaggio n. 24 (il nostro), non dimenticherà quel vissuto. Condividere 19 giorni a pieno ritmo, poteva essere difficile. Non lo è stato, perché non si è mai persa l’armonia instaurata nel gruppo, fin dal momento dell’incontro.
Il piacere dello stare “insieme”, ha fatto sì che si creassero nuove amicizie e se ne approfondissero altre. Un poco di ricchezza in più, aggiunta a quella culturale, da riportare a casa. E non è poco!
Infine, come mi piace ogni volta dire, al ritorno da un viaggio, ritrovandoci in salute e col mezzo di trasporto sano: “un Occhio dall’Alto certamente ci ha protetti”.
Infine da queste pagine, voglio inviare un saluto ad Adriana e Mario, che sarebbero dovuti essere tra di noi, senonché un’incidente ad Adriana, li ha costretti a desistere.

E……”stiamo compatti”….per noi “44” é entrato nel lessico.
Un abbraccio a tutti i compagni di avventura.