Sviluppo sostenibile, il pensiero di un premio Nobel


Il Team Comunicazione di Confartigianato, nell’ambito della Settimana per l’energia, ha intervistato Woodrow Clark, uno tra i più accreditati paladini dell’economia verde, insignito nel 2007 del Premio Nobel per la Pace insieme ad Al Gore e ai colleghi dell’IPCC, il Comitato Intergovernativo dell’Onu per i cambiamenti climatici.

Woodrow Clark ha lavorato come consulente del Governatore della California ed è stato il primo Direttore di Ricerca della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, stabilendo le basi tecniche ed economiche per la scelta delle tecnologie, nell’ambito delle energie rinnovabili, potenzialmente commerciabili nei Paesi in via di sviluppo. Oggi è managing director di Clark Strategic Partners, società di consulenza specializzata nelle aree della sostenibilità ambientale e delle energie rinnovabili.
Invitato al convegno conclusivo della Settimana per l’Energia organizzata da Confartigianato Bergamo, “La sfida dello sviluppo sostenibile: valorizzazione delle risorse per il futuro dell'energia”, Woodrow Clark ha incontrato il giorno precedente il Team Comunicazione di Confartigianato Lombardia per discutere di sostenibilità e green economy.
“Sono convinto che la green economy vada spiegata con un approccio qualitativo all’economia – ha spiegato Clark – La green economy, così come l’economia in generale, deve essere considerata a tutti gli effetti una scienza, con un aspetto quantitativo e uno qualitativo. Per questo è fondamentale, quando si discute di questi temi, porre domande secondo un approccio scientifico”.
E proprio questo è lo spirito con cui è stato scritto “The Next Economics: global cases in energy, environment and climate change”, il libro pubblicato lo scorso anno dove Clark introduce il concetto di Green Industrial Revolution, una nuova fase dello sviluppo industriale in cui l’economia dovrà prendere in considerazione, attraverso un’analisi al contempo scientifica e globale, nuove importanti esternalità quali l’ambiente, l’energia, il cambiamento climatico.
Dovremmo tutti abituarci a chiedere la definizione di alcuni concetti, quando si parla di green economy – ha continuato Clark – Per esempio, un’azienda che si definisce cleantech, cosa intende con questo termine? Quando parliamo di energia fossile pulita, cosa significa? In questo caso, stiamo usando un ossimoro, perché l’energia fossile non ha nulla di pulito, così come il gas naturale sarà anche naturale, ma inquina!”
Quello del gas naturale è un tema particolarmente spinoso negli Stati Uniti, come spiega Woodrow Clark: “ Oggi negli Stati Uniti esiste una fortissima lobby di persone, particolarmente influenti e ricche, che incoraggiano l’uso del gas naturale, su cui hanno interessi economici. Queste persone condizionano la politica nazionale e costituiscono un reale ostacolo al diffondersi della Green Industrial Revolution”.
“Certo scegliere le energie rinnovabili ha un costo inizialmente più alto rispetto ad altre fonti energetiche, ma è un costo che diminuisce nel tempo. Il problema è che esistono troppi interessi legati alle energie fossili: è significativo che soluzioni come questa – dice mostrando un piccolo pannello solare su supporto flessibile – che avrebbero applicazioni straordinarie, non vengano di fatto utilizzate. L’azienda che ha progettato questo pannello, lo sapete che fine ha fatto? È fallita. Strano, vero? Forse c’era qualcuno che ne temeva la concorrenza e che ha pensato di acquisirla per poi affossarla? Purtroppo cose così succedono spesso negli Stati Uniti”.
Vi racconto un’altra storia – ha proseguito – Ho avuto la fortuna di partecipare al gruppo di ricerca che ha sviluppato il sistema di frenatura elettrico a recupero, un sistema utilizzato per creare energia nelle auto elettriche e ibride. Questo studio è stato pagato dai contribuenti americani. Secondo la nostra legge, se qualcosa viene scoperto o creato e brevettato con i soldi delle tasse degli americani, le aziende americane devono essere le prime a poterne beneficiare, in modo gratuito. Quindi abbiamo proposto il nostro brevetto alla Ford, alla General Motors, alla Chrysler. Sapete cosa ci hanno risposto? No!!
Dopo pochi mesi il brevetto è stato chiesto – e profumatamente pagato – dalla Toyota, che oggi è il primo venditore di auto elettriche e ibride negli Stati Uniti e nel mondo. “Così, dopo qualche acquisizione e fallimento, anche le case automobilistiche americane si sono rivolte alla Toyota per acquistare il brevetto. Peccato che nel frattempo la Toyota avesse ulteriormente migliorato la tecnologia, continuando a dominare questo mercato”.
Il tema del cambiamento climatico è particolarmente controverso negli Stati Uniti. Mentre praticamente tutti gli scienziati hanno dimostrato come il clima sia strettamente legato ai comportamenti e quindi alla responsabilità delle persone, l’ala politica più conservatrice, quella legata agli interessi dei combustibili fossili, continua a non riconoscere questo fatto: “Il dibattito sul cambiamento climatico sta diventando sempre più un tema politico, non scientifico. Se i conservatori avranno molti seggi alle prossime elezioni, come credo succederà, probabilmente l’America perderà ulteriore terreno in questo campo”.
Clark ha quindi parlato di comunità sostenibili, argomento di un’altra sua pubblicazione, il “Global sustainable communities handbook”, in cui analizza alcuni esempi di creazione di insediamenti sostenibili in tutto il mondo: “Una comunità sostenibile basa il proprio approvvigionamento energetico sulle fonti rinnovabili, e utilizza le nuove tecnologie secondo una logica di capitalismo sociale, rendendole pubbliche e accessibili a tutti, per risolvere ad esempio i problemi climatici. L’obiettivo è la creazione di Smart Green Cities: Smart perché utilizzano tecnologie intelligenti quali le microgrid, reti intelligenti che permettono la distribuzione dell’energia elettrica; Green perché sono basate su fonti rinnovabili e non sui combustibili fossili, né sul nucleare”.
“Il cambiamento deve cominciare dal basso, a livello locale – ha aggiunto Clark – Credo che, prima e più che le strategie nazionali, siano utili piccoli strumenti tecnologici come una app lanciata di recente, che permette di conoscere, attraverso la lettura dei codici a barre dei prodotti, i materiali di cui sono fatti. Se le persone diventano sensibili a questi temi, e hanno la possibilità di avvicinarsi a questo tipo di informazioni, saranno le aziende a dover produrre sostenibile, se vogliono continuare a vendere”.
“Credo che le nuove generazioni siano mediamente più sensibili ai temi della sostenibilità e della green economy rispetto alle precedenti. A noi con i capelli grigi resta il compito di consegnare loro il mondo migliore possibile. Personalmente, ho un’unica preoccupazione a riguardo: che le informazioni veicolate attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, quali i social media, non possano essere verificate, e siano quindi facilmente manipolabili. Ricordiamoci di non accontentarci delle parole, perché sono in molti a fare greenwashing, chiamandosi sostenibili quando non lo sono. Ricordiamoci di chiedere, pretendere le definizioni delle cose, e controllare sempre cosa sta dietro a chi si dichiara green. È il modo migliore per fare spazio, anche nella quotidianità, all’avvento di una reale Green Industrial Revolution”.