Rosa insieme

Il Natale degli Altri

08.12.2015

Il Natale degli Altri
di Cinzia Porata


Natale è una festa molto particolare in cui ci si sente più buoni e inclini al perdono,  sentimenti molto nobili, ma che non dovrebbero esternarsi solo in certi periodi dell’anno.
Vorrei portare a Vostra conoscenza una storiella scelta tra le tante lette in questo periodo sul natale, che mi ha fatto molto riflettere:
Il postino suonò due volte. Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in una carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati.
“Avanti”, disse una voce dall’interno.
Il postino entrò. Era una casa malandata si trovò in una stanza piena d’ombre e di polvere.
Seduto in una poltrona c’era un vecchio.

“Guardi che stupendo paccone di Natale!” disse allegramente il postino.
“Grazie. Lo metta pure per terra”,
disse il vecchio con la voce più triste che mai.
Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Intuiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l’aria di passarla bene.
Allora, perché era così triste?
“Ma signore, non dovrebbe fare un po’ di festa a questo magnifico regalo?”.
“Non posso…Non posso proprio”,
disse il vecchio con le lacrime agli occhi.
E raccontò al postino  la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino: “Da tua figlia Luisa e marito”.
Mai un augurio personale, una visita, un invito: “Vieni a passare il Natale con noi”.
“venga a vedere”,
aggiunse il vecchio e si alzò stancamente.
Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. Il vecchio aprì la porta.
“Ma…”
fece il postino.
Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. Erano tutti quelli dei Natali precedenti. Intatti con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti.
“Ma non li ha neanche aperti!”
esclamò il postino allibito.
“No”,
disse mestamente il vecchio. “Non c’è amore dentro”.

Cosa ne pensate?
Ovviamente questa è solo una storia, ma quanti anziani e quante altre persone che di solito, nella fretta di vivere, non ricordiamo e vengono parzialmente dimenticati e abbandonati a se stessi?.
Al di là di ogni nostra esigenza, oltre le mura della nostra casa, ci sono comunità di persone o individui isolati e soli per i quali ognuno di noi può fare qualcosa.
E, prima di tutto, dedicare loro parte di quel bene ormai preziosissimo che è il tempo.
Ci sono periodi dell’anno in cui l’esigenza di fare qualcosa per chi ha ricevuto meno di noi dalla vita, si fa sentire maggiormente. In genere quel periodo è Natale, tradizionalmente festa di generosità, di amore, di maggior benessere economico.
Come possiamo fare per aiutare queste persone?
Potremmo iniziare con il recarci alla scuola ed informaci su quali siano i bambini particolarmente bisognosi. Questo lo possono fare non solo le mamme, ma tutti coloro che vogliono dare un’assistenza alle famiglie, anziché agli istituti. Oppure dal parroco, che è sempre a conoscenza dei casi più bisognosi.
Potremmo visitare il ricovero per gli anziani della nostra città. Molto spesso capita che ci si intenerisca sulla sorte dei bambini, ma si dimentichino coloro che per la loro fragilità emotiva sono tornati all’infanzia, ma che in realtà, di ogni nuovo giorno, potrebbero non conoscere la sera.
Sarebbe bello che più persone si organizzassero e comperassero un televisore per un ospizio di vecchi o per un istituto di bambini. Tanti mazzi di carte da gioco o tombole o altre cose che servono per ingannare le lunghe ore trascorse insieme in sale comuni.
L’assistenza alle persone bisognose si traduce sempre in un grande beneficio spirituale sia per chi offre sia per chi riceve. Dobbiamo quindi saper trasmettere anche ai nostri figli quella sensibilità capace di superare tutti quegli ostacoli che le diversità della condizione umana pongono alla comprensione reciproca.
Per questo Natale vogliamo fare un proponimento, andiamo a trovare nelle case di riposo, anche solo una volta al mese, gli anziani e portiamo loro una parola buona, un aiuto e un po’ di conforto che altri non sanno o non hanno il tempo di dare.