Tempo di feste "Natale"

Il Natale della piccola Lucia

08.12.2015

Il Natale della piccola Lucia
di Elisabetta Grazia


La casetta si trovava appollaiata sulla montagna, al termine di un largo prato scosceso,  circondata da un folto bosco di abeti, isolata , distante dalle altre povere case montane e dal  piccolo paese con il campanile svettante quasi a raggiungere le alte cime che circondavano la  valle, scura e impervia. Un ruscello scorreva nelle vicinanze della casetta abitata da una  famiglia di valligiani dediti all’agricoltura, povera in quella regione ed al pascolo di qualche  mucca. Una famigliola come tante. I giovani genitori avevano una bella bambina, bionda, dalle  guance colorite come le pesche, di nome Lucia. Ormai aveva quasi cinque anni e certamente il  prossimo anno sarebbe andata alla piccola scuola del villaggio. Lucia era seduta accanto al  fuoco scoppiettante dove i “ciocchi” bruciavano avvolti da vampate di lingue di fuoco. Il paiolo  di rame appeso al gancio annerito dal fumo della legna ardente era pieno di una bella polenta  gialla che brontolava e sbuffava allegramente. La Mamma della bimba aveva apparecchiato il  vecchio tavolo in attesa del marito che era fuori, sotto il portico a spaccare la legna. Lucia  sentiva il colpo duro dell’accetta che calava sul legno seguito da un rumore scrosciante del  pezzo che si apriva in due per poi accatastarlo per l’ inverno. Dopo pochi minuti il Babbo entrò  spingendo la porta non prima di aver ben battuto rumorosamente i piedi sui sassi esterni per  pulire gli scarponi. La Mamma si avvicinò al fuoco, afferrò il paiolo della polenta e la versò  fumante sul legno del tavolo all’uso contadino. Accomodò la bimba sul suo seggiolino mentre  anche il Babbo sedeva con la moglie e dopo una breve preghiera iniziavano la cena. Il pane scuro  tipico delle vallate alpine veniva affettato, i cucchiai affondavano nella polenta e consumavano  la povera cena al lume di una candela tremolante. Il vento giocava fra il tetto, gli alberi  vicino alla casetta e con soffocati sibili si allontanava per lasciare il posto ad altre ventate  frammiste a neve che ormai avvolgevano la casa, gli alberi, il villaggio.
Terminata la cena la  famigliola si sedette vicino al fuoco ravvivato da nuova legna. Lucia, come tutti i bambini  sarebbe andata a letto presto, non avrebbe certamente atteso la mezzanotte della “ Notte Santa  del Natale”. Era curiosa di come sarebbe stata la notte magica, tanto attesa. Non riusciva ad  immaginarsela. Allora chiese al Babbo: dimmi per favore cosa avverrà, come sarà, come sarà…  dimmelo Babbo! Così con voce dolce recitò per la sua bambina questa poesia:

-Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il Campanile scocca
Lentamente le sei.
-Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
un po’ di posto avete per me e per Giuseppe?
-Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe
Il campanile scocca
Lentamente le sette.
-Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
-Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto
Il campanile scocca
Lentamente le otto.
-O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
-S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.
Il campanile scocca
Lentamente le nove.
-Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
-Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi, persiani, egizi, greci…
Il campanile scocca
Lentamente le dieci.
-Oste di Cesarea… - Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame:
non amo la miscela dell’alta e bassa gente..

Il campanile scocca
Le undici lentamente.


La neve! – Ecco una stalla! – Avrà posto per due?
-Che freddo!- Siamo in sosta.- Ma quanta neve. quanta!
Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…
Maria già trascolora, divinamente affranta…
Il campanile scocca
la mezzanotte Santa.
E’ nato!
Alleluia! Alleluia!
E’ nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d’un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaie
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill’anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore.
E’ nato! E’ nato il Signore!
E’ nato nel nostro paese!
La notte che già fu sì buia
risplende d’un astro divino.
E’ nato il Sovrano Bambino.
E’ nato!
Alleluia!
Alleluia!

Lucia ascoltò in silenzio, pensosa e commossa, poi il giusto sonno dei bambini ebbe il  sopravvento e s’addormentò dolcemente abbracciata al Babbo. Entrambi i genitori presero la  bambina, la portarono nella sua stanzetta e la coricarono coprendola con le coperte del suo  lettino. Prepararono i pochi doni di Natale per la loro adorata Lucia disponendoli accanto agli  alari del caminetto ed anch’essi si coricarono felici aspettando il “Santo Natale”.
Il racconto è tratto dalla raccolta delle: “Novelle natalizie”
di Maria Grazia Vimercati Merlini.
La poesia “Notte Santa” è di Guido Gozzano, poeta torinese (1883-1916).